Data di pubblicazione:
11 giugno 2014
Assicurazione negata, la vedova annuncia ricorso
Fonte:
NapoliTodayLa Stampa
Regione:
Campania
Risale a pochi giorni fa la notizia che L'Inail, in prima istanza, ha rifiutato il risarcimento ai familiari del vigile eroe morto per un tumore nella Terra dei fuochi. Michele Liguori, unico agente della Polizia Municipale della sezione ambientale di Acerra, è morto a 59 anni per un raro tipo di tumore al fegato (e un alto livello di Pbc nel sangue) il 18 gennaio di quest'anno. Aveva fatto della caccia ai veleni la sua missione, un uomo onesto, dal grande coraggio.
La moglie, Maria Liguori ha spiegato di aver appreso da un giornalista del rifiuto del risarcimento e di aver ricevuto solo due giorni dopo una lettera in cui l'ente dichiara di non ritenere la pratica chiusa per mancanza di completa documentazione. Documentazione che, spiega la donna, se richiesta, la famiglia, così come il Patronato Inas, sarebbe pronta a fornire.
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Una battaglia, ha spiegato Maria Liguori, da portare avanti anche a nome di tutti i casi simili che potrebbero presentarsi. Per questo, contro il diniego, anche se non definitivo, il ricorso è già pronto.
Fonte:
NapoliToday
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Articolo del 06.06.2014:
Acerra (Napoli) Con queste parole esatte, ti dicono che sei morto per niente: «Per il decesso dell'assicurato non può essere riconosciuto il diritto alla rendita ai superstiti, in quanto la morte non è riconducibile all'evento». Sei morto perché dovevi morire. Non perché per tredici anni hai messo le mani e i piedi nei rifiuti tossici.
Michele Liguori era un vigile urbano di Acerra, unico agente della sezione ambientale. Faceva sequestri, denunciava. Tornava a casa con le scarpe liquefatte.
Doveva lasciare i vestiti fuori dalla porta. Era deriso dalla camorra, perché non si era lasciato corrompere. Cercando discariche e chiedendo bonifiche, si è consumato sotto gli occhi della moglie Maria e del figlio Emiliano. È morto la notte del 18 gennaio per un raro tipo di tumore al fegato. Le ultime analisi del sangue avevano confermato i sospetti. Il suo organismo era inquinato dalla diossina accumulata durante gli anni di servizio. Anche il presidente Napolitano aveva voluto ricordarlo con un messaggio, nel giorno della morte: «Partecipo al cordoglio per la scomparsa di un servitore delle istituzioni, che si è adoperato nell'affrontare la situazione devastante determinata nella Terra dei Fuochi». Ma esiste davvero questa Terra dei Fuochi?
Il primo tentativo della famiglia Liguori di vedere riconosciuta la malattia professionale è andato male. L'Inail di Nola ha risposto in tre righe: «La morte non è riconducibile all'evento».
Non si tratta soltanto di una battaglia personale. «Sappiamo perfettamente di essere di fronte a un caso delicatissimo», dice Ciro Scippa del Patronato Cisl. È lui che sta seguendo la pratica.«Riconoscere che il vigile Liguori si sia ammalato per colpa della Terra dei Fuochi - dice - significherebbe aprire la strada a moltissime altre richieste di indennizzo». Sarebbe il primo caso in Italia. La prova che in questo pezzo avvelenato di Campania esiste un nesso causale fra i rifiuti sversati e la salute pubblica.
«Non ci aspettavamo una risposta diversa», dicono la moglie e il figlio di Michele Liguori. Sono persone che parlano poco. E sempre a bassa voce. Non si aspettano niente. Ma neppure intendono arrendersi: «Uno studio di Lancet del 2013 dimostra che i Pcb sono cancerogeni».
Per riuscire ad ottenere giustizia, almeno post mortem, Maria ed Emiliano Liguori stanno preparando i documenti per una battaglia legale unica in Italia. Analisi mediche, dati epidemiologici della zona. Sono andati a ricercare tutti i materiali sequestrati durante gli anni di servizio. Così, nella premessa: «Il dipendente del Comune di Acerra, Michele Liguori, era addetto all'ispezione, al controllo, alla messa in sicurezza e alla campionatura degli innumerevoli siti inquinati della cosiddetta Terra dei Fuochi. Dai rapporti trasmessi da Arpa e Asl è stato accertato che, fra le sostanze nocive rinvenute, ci sono: mercurio, cadmio, materiale altamente pericoloso codice R45 e R61, diossine Pcdd, Pcb e Pcfd derivanti dalla combustione dei rifiuti industriali speciali». Questo maneggiava, nelle suo giornate di lavoro, il vigile Liguori.
Nel frattempo, è stata accertata a livello giudiziario anche un'altra verità: per anni i Casalesi hanno sversato fra Acerra e Villa Literno i rifiuti industriali della Caffaro di Brescia, la fabbrica che ha prodotto Pcb dal 1936 al 1984. E infatti, nel nuovo rapporto «Sentieri», coordinato dall'Istituto superiore della sanità, si iniziano ad intravedere diverse analogie fra i due territori. Per i tumori alla tiroide, ad esempio, a Brescia si registra un +70% negli uomini e un +56% per le donne. Ma il vigile Michele Liguori è morto per un particolare tipo di tumore al fegato. Si chiama «di Klatskin».
«Il suo è un caso emblematico», dice l'oncologo Antonio Marfella dell'ospedale Pascale di Napoli. Sta preparando una relazione su tutta questa storia. È?convinto che la morte di Michele Liguori non sia casuale. «Da un lato, nel suo sangue ci sono Pcb in eccesso, cioè diossina. Dall'altro, ed è forse l'elemento più importante, sappiamo che quello specifico tipo di tumore al fegato è strettamente connesso a una sostanza che si chiama Pbde. Comunemente detto, ritardante di fiamma. Lo troviamo nella vernice dei mobili. È presente in maniera significativa nel latte delle donne di Acerra. Ed è usato - questo è emerso in diverse indagini - proprio dai trafficanti di rifiuti per evitare che scoppino durante i roghi». Ecco quale sarebbe, secondo la famiglia Liguori, la vera causa di morte: diossina e ritardanti di fiamma. Inquinanti vissuti, respirati e trasudati dal 2001 al 2014. È quello che cercheranno di dimostrare. Anche sulla base di un vecchio documento, datato 15 novembre 1994.
L'allora Asl della zona di Acerra, su specifica richiesta del ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, aveva fatto una ricerca che si concludeva così: «Il marcato aumento della mortalità per cancro, rilevato dalla metà degli Anni Ottanta in poi, è l'inizio di un fenomeno che presumibilmente vedremo aumentare ancora nei prossimi anni, dati i tempi lunghi di latenza della patologia oncologica».
Fonte:
La Stampa
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Articolo del 23.01.2014
Comitato di consultazione tra i sindaci, vigilanza congiunta delle forze di polizia locale e coordinamento per l'attuazione del piano di prevenzione e controllo anti roghi e contro lo sversamento abusivo di rifiuti. È quanto prevede la Convenzione tra i Comuni di Acerra, Afragola, Caivano e Casalnuovo, che sarà illustrata dai sindaci Raffaele Lettieri, Domenico Tuccillo, Antonio Falco e Antonio Peluso, insieme a Donato Cafagna, incaricato del Ministro dell'Interno per gli incendi di rifiuti in Campania e ai rispettivi comandanti di polizia locale, in una conferenza stampa congiunta, che si terrà giovedì 23 gennaio alle ore 11 presso il Salone Moriani del palazzo municipale di Afragola. Il dott. Cafagna ha proposto che la convenzione sia intitolata alla memoria di Michele Liguori, l'agente della Polizia Municipale di Acerra, deceduto nei giorni scorsi, noto per il suo coraggioso, straordinario impegno nella lotta alla criminalità ambientale e per la tutela del territorio dell'agro acerrano.
Fonte:
Il Velino
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Clicca qui per la drammatica intervista rilasciata a "La Stampa" prima di morire.
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inviato ad acerra (Napoli)
È morto stamani alle 6:43 Michele Liguori, l'unico vigile di Acerra che non si era arreso alla camorra, denunciando per anni la situazione nella Terra dei Fuochi. Questa l'ultima intervista a La Stampa, registrata venerdì 17 gennaio e pubblicata sull'edizione domenicale del giornale e nel videoreportage qui a fianco.
I camorristi l'avevano soprannominato in modo sprezzante: «O' vigile chiatto co à barb». Era l'unico fuori dal giro. L'unico che non serviva per fare affari con i rifiuti tossici. «Lui non ha mai offerto coperture» ha dichiarato il pentito Pasquale Di Fiore, a proposito di Michele Liguori. Ma adesso il vigile grasso con la barba, al centro esatto della Terra dei Fuochi, sta smagrendo in maniera spaventosa.
Ha due tumori che gli divorano la pancia. Colpa della diossina, PCB 118 e PCB 126. Gli stessi agenti patogeni che avevano avvelenato le greggi ormai dodici anni fa.
Da allora nulla è cambiato. Si continua a morire ogni giorno. Non esiste un registro tumori della Regione Campania. I fusti sono ancora interrati in località Calabricito. I cavolfiori e le fragole vengono coltivati in questa stessa terra, davanti alle recinzioni. Ogni notte, la ciminiera dell'ex Montefibre sputa fiammate da cui ricadono lapilli e cenere nera, che si deposita ovunque. Un pentito ha raccontato che l'impresa edile dei fratelli Pellini, dal 1998 al 2005, è stata costruita usando cemento impastato con amianto. Non solo le verdure, la frutta, le bestie, i contadini, ci sono anche sette anni di edilizia tossica da considerare. Ma ancora nessuno ha aperto un'inchiesta per capire quali palazzi siano pericolosi per la salute pubblica.
«Il mio lavoro non è servito», dice il vigile urbano Michele Liguori con un filo di voce scura. Il suo letto è imbottito di coperte. Ha un ciondolo con un crocifisso appeso alla flebo. La moglie Maria, sempre al suo fianco. Per sette anni, è andato a vedere ogni fuoco e ogni sversamento. «Un giorno è tornato con le suole che si squagliavano sul pavimento della cucina - racconta la signora Liguori - non so dove avesse camminato, ma le scarpe erano letteralmente in decomposizione. Un'altra volta ha perso la voce all'improvviso. Certe notti lo annusavo sconcertata, trasudava odore chimico, puzzava di pneumatici bruciati». Il vigile Liguori scattava fotografie, stendeva rapporti. Denunciava. Chiedeva aiuto. Nell'epicentro del disastro, lui era l'unico agente della sezione ambientale di Acerra, il che rende l'idea. Ma per due anni è stato addirittura spostato ad aprire la porta del castello del paese, perché era considerato «troppo zelante».
Alla fine, è tornato sul campo di battaglia, a respirare veleni per altri due anni, dal 2011 al 2013. In perfetta solitudine. «A maggio si fece giallo di colpo - racconta Maria Liguori - prima si pensava fosse la colecisti, poi scoprimmo i tumori». E' una donna con un sorriso dolce e disperato. «Sappiamo che in paese molti sono felici di questa nostra tragedia, abbiamo provato a scappare. Ma ai concorsi, Michele arrivava sempre secondo». Il vigile Liguori si rigira a fatica, ha un lampo di rabbia negli occhi lenti: «Questa è la terra di mio padre e di mio figlio - dice - non potevo far finta di non vedere. A me i vigliacchi non sono mai piaciuti». Per lui nessuna indennità, ovviamente. Neppure una telefonata di ringraziamento. E se volete verificare da vicino perché l'Italia è un Paese perduto, venite qui con in mano le sentenza del Tribunale di Napoli, Sesta sezione penale, sul caso Acerra.
Vi si racconta del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Curcio, comandante della «locale stazione». Scriveva i verbali al posto degli avvelenatori, per non scomodarli inutilmente. Avvisava di ogni controllo, insabbiava le denunce dei cittadini onesti. Sono stati sversati rifiuti tossici persino nel parco archeologico. Hanno rimpinzato le fosse comuni dei guerrieri sanniti con scarti di fonderia. Piombo e denaro. Tonnellate di banconote della zecca, destinate al macero, sono state seppellite qui. Con amianto, materiali gassosi che innescavano fiammate improvvise, vecchi telefoni a rotelle della Sip, liquami delle industrie del Nord. Nelle intercettazioni li senti dire: «Questa roba puzza troppo. Scegli tu, dammi due o tre codici diversi». Scrivevano quello che volevano sulle certificazioni, tanto avevano contro soltanto il vigile grasso.
«Dal 1999 nulla è stato fatto per bonificare», dice l'oncologo Antonio Marfella. Lavora all'Istituto Tumori di Napoli. E' stato il primo a far analizzare in Canada, a sue spese, il sangue del pastore Cannavacciulo, morto di tumore a maggio del 2007: «Perché gli ottocento laboratori pubblici della Regione Campania non erano attrezzati». I canadesi, invece, hanno risposto a stretto giro di posta. «Nel sangue del pastore, così come in quello delle sue pecore, c'era un livello di diossina 400 volte superiore al consentito». I livelli sono ancora alti. «Ma in questi anni lo Stato ha trattato peggio gli uomini delle bestie - dice il dottor Marfella - per comprendere cosa stia succedendo a una popolazione di 3 milioni di abitanti, a fronte di 12 milioni di tonnellate di rifiuti tossici accertati, hanno campionato 84 casi». Quando la famiglia Cannavacciulo si era rivolta a lui, l'oncologo Marfella non conosceva questa storia: «Pensavo bastasse un richiamo alle istituzioni, ritenevo che fossero distratte o molto impegnate. Ma ora, dopo sei anni di immobilismo, ho capito: erano colluse».
Acerra è un perfetto laboratorio italiano. Per i fratelli Pellini il reato di disastro ambientale è stato prescritto. E anche la condanna in primo grado per traffico di rifiuti illeciti rischia di cadere in prescrizione in appello. Il maresciallo Curcio, seppur condannato, gira per il paese a testa alta. Mentre gli unici due operai dell'impresa di smaltimento fanghi, che avevano avuto il coraggio di raccontare con quali sostanze preparassero il cemento, non vivono più. «Sono stato massacrato di botte - ci racconta uno di loro - ho il cancro. Ho paura per me e per i miei figli. Voi giornalisti del Nord dovete lasciarci stare».
All'Asl Napoli2 le «esenzioni ticket per soggetti affetti da patologie neoplastiche maligne» sono aumentate del 34,1 per cento in tre anni. Ad Acerra erano 427 nel 2009, sono diventate 774 nel 2012 (+81,2%). Il sindaco Lettieri ripete a tutti la stessa litania: «Mancano i soldi per la bonifica». Anche se la ditta incaricata di smaltire almeno i fusti interrati in località Calabricito ha già preso i soldi, senza mai eseguire il lavoro.
In pochi posti al mondo si può soffrire di solitudine come in questo pezzo di Italia-Europa. «E' andata così - dice Liguori - la gente vede quello che succede, ma non vuole impicciarsi. Non capisce che per colpa dei veleni moriranno anche i nostri figli». La flebile luce del tramonto filtra nella camera dell'agonia. Le persiane sono ricoperte di una patina nera collosa. I limoni in giardino non danno più frutti. Alle cinque del pomeriggio, gli occhi del «vigile zelante» si chiudono per la fatica. «Tornassi indietro, non lo so. Non lo so se lo rifarei».
Fonte:
La Stampa
La moglie, Maria Liguori ha spiegato di aver appreso da un giornalista del rifiuto del risarcimento e di aver ricevuto solo due giorni dopo una lettera in cui l'ente dichiara di non ritenere la pratica chiusa per mancanza di completa documentazione. Documentazione che, spiega la donna, se richiesta, la famiglia, così come il Patronato Inas, sarebbe pronta a fornire.
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Una battaglia, ha spiegato Maria Liguori, da portare avanti anche a nome di tutti i casi simili che potrebbero presentarsi. Per questo, contro il diniego, anche se non definitivo, il ricorso è già pronto.
Fonte:
NapoliToday
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Articolo del 06.06.2014:
Acerra (Napoli) Con queste parole esatte, ti dicono che sei morto per niente: «Per il decesso dell'assicurato non può essere riconosciuto il diritto alla rendita ai superstiti, in quanto la morte non è riconducibile all'evento». Sei morto perché dovevi morire. Non perché per tredici anni hai messo le mani e i piedi nei rifiuti tossici.
Michele Liguori era un vigile urbano di Acerra, unico agente della sezione ambientale. Faceva sequestri, denunciava. Tornava a casa con le scarpe liquefatte.
Doveva lasciare i vestiti fuori dalla porta. Era deriso dalla camorra, perché non si era lasciato corrompere. Cercando discariche e chiedendo bonifiche, si è consumato sotto gli occhi della moglie Maria e del figlio Emiliano. È morto la notte del 18 gennaio per un raro tipo di tumore al fegato. Le ultime analisi del sangue avevano confermato i sospetti. Il suo organismo era inquinato dalla diossina accumulata durante gli anni di servizio. Anche il presidente Napolitano aveva voluto ricordarlo con un messaggio, nel giorno della morte: «Partecipo al cordoglio per la scomparsa di un servitore delle istituzioni, che si è adoperato nell'affrontare la situazione devastante determinata nella Terra dei Fuochi». Ma esiste davvero questa Terra dei Fuochi?
Il primo tentativo della famiglia Liguori di vedere riconosciuta la malattia professionale è andato male. L'Inail di Nola ha risposto in tre righe: «La morte non è riconducibile all'evento».
Non si tratta soltanto di una battaglia personale. «Sappiamo perfettamente di essere di fronte a un caso delicatissimo», dice Ciro Scippa del Patronato Cisl. È lui che sta seguendo la pratica.«Riconoscere che il vigile Liguori si sia ammalato per colpa della Terra dei Fuochi - dice - significherebbe aprire la strada a moltissime altre richieste di indennizzo». Sarebbe il primo caso in Italia. La prova che in questo pezzo avvelenato di Campania esiste un nesso causale fra i rifiuti sversati e la salute pubblica.
«Non ci aspettavamo una risposta diversa», dicono la moglie e il figlio di Michele Liguori. Sono persone che parlano poco. E sempre a bassa voce. Non si aspettano niente. Ma neppure intendono arrendersi: «Uno studio di Lancet del 2013 dimostra che i Pcb sono cancerogeni».
Per riuscire ad ottenere giustizia, almeno post mortem, Maria ed Emiliano Liguori stanno preparando i documenti per una battaglia legale unica in Italia. Analisi mediche, dati epidemiologici della zona. Sono andati a ricercare tutti i materiali sequestrati durante gli anni di servizio. Così, nella premessa: «Il dipendente del Comune di Acerra, Michele Liguori, era addetto all'ispezione, al controllo, alla messa in sicurezza e alla campionatura degli innumerevoli siti inquinati della cosiddetta Terra dei Fuochi. Dai rapporti trasmessi da Arpa e Asl è stato accertato che, fra le sostanze nocive rinvenute, ci sono: mercurio, cadmio, materiale altamente pericoloso codice R45 e R61, diossine Pcdd, Pcb e Pcfd derivanti dalla combustione dei rifiuti industriali speciali». Questo maneggiava, nelle suo giornate di lavoro, il vigile Liguori.
Nel frattempo, è stata accertata a livello giudiziario anche un'altra verità: per anni i Casalesi hanno sversato fra Acerra e Villa Literno i rifiuti industriali della Caffaro di Brescia, la fabbrica che ha prodotto Pcb dal 1936 al 1984. E infatti, nel nuovo rapporto «Sentieri», coordinato dall'Istituto superiore della sanità, si iniziano ad intravedere diverse analogie fra i due territori. Per i tumori alla tiroide, ad esempio, a Brescia si registra un +70% negli uomini e un +56% per le donne. Ma il vigile Michele Liguori è morto per un particolare tipo di tumore al fegato. Si chiama «di Klatskin».
«Il suo è un caso emblematico», dice l'oncologo Antonio Marfella dell'ospedale Pascale di Napoli. Sta preparando una relazione su tutta questa storia. È?convinto che la morte di Michele Liguori non sia casuale. «Da un lato, nel suo sangue ci sono Pcb in eccesso, cioè diossina. Dall'altro, ed è forse l'elemento più importante, sappiamo che quello specifico tipo di tumore al fegato è strettamente connesso a una sostanza che si chiama Pbde. Comunemente detto, ritardante di fiamma. Lo troviamo nella vernice dei mobili. È presente in maniera significativa nel latte delle donne di Acerra. Ed è usato - questo è emerso in diverse indagini - proprio dai trafficanti di rifiuti per evitare che scoppino durante i roghi». Ecco quale sarebbe, secondo la famiglia Liguori, la vera causa di morte: diossina e ritardanti di fiamma. Inquinanti vissuti, respirati e trasudati dal 2001 al 2014. È quello che cercheranno di dimostrare. Anche sulla base di un vecchio documento, datato 15 novembre 1994.
L'allora Asl della zona di Acerra, su specifica richiesta del ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, aveva fatto una ricerca che si concludeva così: «Il marcato aumento della mortalità per cancro, rilevato dalla metà degli Anni Ottanta in poi, è l'inizio di un fenomeno che presumibilmente vedremo aumentare ancora nei prossimi anni, dati i tempi lunghi di latenza della patologia oncologica».
Fonte:
La Stampa
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Articolo del 23.01.2014
Comitato di consultazione tra i sindaci, vigilanza congiunta delle forze di polizia locale e coordinamento per l'attuazione del piano di prevenzione e controllo anti roghi e contro lo sversamento abusivo di rifiuti. È quanto prevede la Convenzione tra i Comuni di Acerra, Afragola, Caivano e Casalnuovo, che sarà illustrata dai sindaci Raffaele Lettieri, Domenico Tuccillo, Antonio Falco e Antonio Peluso, insieme a Donato Cafagna, incaricato del Ministro dell'Interno per gli incendi di rifiuti in Campania e ai rispettivi comandanti di polizia locale, in una conferenza stampa congiunta, che si terrà giovedì 23 gennaio alle ore 11 presso il Salone Moriani del palazzo municipale di Afragola. Il dott. Cafagna ha proposto che la convenzione sia intitolata alla memoria di Michele Liguori, l'agente della Polizia Municipale di Acerra, deceduto nei giorni scorsi, noto per il suo coraggioso, straordinario impegno nella lotta alla criminalità ambientale e per la tutela del territorio dell'agro acerrano.
Fonte:
Il Velino
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inviato ad acerra (Napoli)
È morto stamani alle 6:43 Michele Liguori, l'unico vigile di Acerra che non si era arreso alla camorra, denunciando per anni la situazione nella Terra dei Fuochi. Questa l'ultima intervista a La Stampa, registrata venerdì 17 gennaio e pubblicata sull'edizione domenicale del giornale e nel videoreportage qui a fianco.
I camorristi l'avevano soprannominato in modo sprezzante: «O' vigile chiatto co à barb». Era l'unico fuori dal giro. L'unico che non serviva per fare affari con i rifiuti tossici. «Lui non ha mai offerto coperture» ha dichiarato il pentito Pasquale Di Fiore, a proposito di Michele Liguori. Ma adesso il vigile grasso con la barba, al centro esatto della Terra dei Fuochi, sta smagrendo in maniera spaventosa.
Ha due tumori che gli divorano la pancia. Colpa della diossina, PCB 118 e PCB 126. Gli stessi agenti patogeni che avevano avvelenato le greggi ormai dodici anni fa.
Da allora nulla è cambiato. Si continua a morire ogni giorno. Non esiste un registro tumori della Regione Campania. I fusti sono ancora interrati in località Calabricito. I cavolfiori e le fragole vengono coltivati in questa stessa terra, davanti alle recinzioni. Ogni notte, la ciminiera dell'ex Montefibre sputa fiammate da cui ricadono lapilli e cenere nera, che si deposita ovunque. Un pentito ha raccontato che l'impresa edile dei fratelli Pellini, dal 1998 al 2005, è stata costruita usando cemento impastato con amianto. Non solo le verdure, la frutta, le bestie, i contadini, ci sono anche sette anni di edilizia tossica da considerare. Ma ancora nessuno ha aperto un'inchiesta per capire quali palazzi siano pericolosi per la salute pubblica.
«Il mio lavoro non è servito», dice il vigile urbano Michele Liguori con un filo di voce scura. Il suo letto è imbottito di coperte. Ha un ciondolo con un crocifisso appeso alla flebo. La moglie Maria, sempre al suo fianco. Per sette anni, è andato a vedere ogni fuoco e ogni sversamento. «Un giorno è tornato con le suole che si squagliavano sul pavimento della cucina - racconta la signora Liguori - non so dove avesse camminato, ma le scarpe erano letteralmente in decomposizione. Un'altra volta ha perso la voce all'improvviso. Certe notti lo annusavo sconcertata, trasudava odore chimico, puzzava di pneumatici bruciati». Il vigile Liguori scattava fotografie, stendeva rapporti. Denunciava. Chiedeva aiuto. Nell'epicentro del disastro, lui era l'unico agente della sezione ambientale di Acerra, il che rende l'idea. Ma per due anni è stato addirittura spostato ad aprire la porta del castello del paese, perché era considerato «troppo zelante».
Alla fine, è tornato sul campo di battaglia, a respirare veleni per altri due anni, dal 2011 al 2013. In perfetta solitudine. «A maggio si fece giallo di colpo - racconta Maria Liguori - prima si pensava fosse la colecisti, poi scoprimmo i tumori». E' una donna con un sorriso dolce e disperato. «Sappiamo che in paese molti sono felici di questa nostra tragedia, abbiamo provato a scappare. Ma ai concorsi, Michele arrivava sempre secondo». Il vigile Liguori si rigira a fatica, ha un lampo di rabbia negli occhi lenti: «Questa è la terra di mio padre e di mio figlio - dice - non potevo far finta di non vedere. A me i vigliacchi non sono mai piaciuti». Per lui nessuna indennità, ovviamente. Neppure una telefonata di ringraziamento. E se volete verificare da vicino perché l'Italia è un Paese perduto, venite qui con in mano le sentenza del Tribunale di Napoli, Sesta sezione penale, sul caso Acerra.
Vi si racconta del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Curcio, comandante della «locale stazione». Scriveva i verbali al posto degli avvelenatori, per non scomodarli inutilmente. Avvisava di ogni controllo, insabbiava le denunce dei cittadini onesti. Sono stati sversati rifiuti tossici persino nel parco archeologico. Hanno rimpinzato le fosse comuni dei guerrieri sanniti con scarti di fonderia. Piombo e denaro. Tonnellate di banconote della zecca, destinate al macero, sono state seppellite qui. Con amianto, materiali gassosi che innescavano fiammate improvvise, vecchi telefoni a rotelle della Sip, liquami delle industrie del Nord. Nelle intercettazioni li senti dire: «Questa roba puzza troppo. Scegli tu, dammi due o tre codici diversi». Scrivevano quello che volevano sulle certificazioni, tanto avevano contro soltanto il vigile grasso.
«Dal 1999 nulla è stato fatto per bonificare», dice l'oncologo Antonio Marfella. Lavora all'Istituto Tumori di Napoli. E' stato il primo a far analizzare in Canada, a sue spese, il sangue del pastore Cannavacciulo, morto di tumore a maggio del 2007: «Perché gli ottocento laboratori pubblici della Regione Campania non erano attrezzati». I canadesi, invece, hanno risposto a stretto giro di posta. «Nel sangue del pastore, così come in quello delle sue pecore, c'era un livello di diossina 400 volte superiore al consentito». I livelli sono ancora alti. «Ma in questi anni lo Stato ha trattato peggio gli uomini delle bestie - dice il dottor Marfella - per comprendere cosa stia succedendo a una popolazione di 3 milioni di abitanti, a fronte di 12 milioni di tonnellate di rifiuti tossici accertati, hanno campionato 84 casi». Quando la famiglia Cannavacciulo si era rivolta a lui, l'oncologo Marfella non conosceva questa storia: «Pensavo bastasse un richiamo alle istituzioni, ritenevo che fossero distratte o molto impegnate. Ma ora, dopo sei anni di immobilismo, ho capito: erano colluse».
Acerra è un perfetto laboratorio italiano. Per i fratelli Pellini il reato di disastro ambientale è stato prescritto. E anche la condanna in primo grado per traffico di rifiuti illeciti rischia di cadere in prescrizione in appello. Il maresciallo Curcio, seppur condannato, gira per il paese a testa alta. Mentre gli unici due operai dell'impresa di smaltimento fanghi, che avevano avuto il coraggio di raccontare con quali sostanze preparassero il cemento, non vivono più. «Sono stato massacrato di botte - ci racconta uno di loro - ho il cancro. Ho paura per me e per i miei figli. Voi giornalisti del Nord dovete lasciarci stare».
All'Asl Napoli2 le «esenzioni ticket per soggetti affetti da patologie neoplastiche maligne» sono aumentate del 34,1 per cento in tre anni. Ad Acerra erano 427 nel 2009, sono diventate 774 nel 2012 (+81,2%). Il sindaco Lettieri ripete a tutti la stessa litania: «Mancano i soldi per la bonifica». Anche se la ditta incaricata di smaltire almeno i fusti interrati in località Calabricito ha già preso i soldi, senza mai eseguire il lavoro.
In pochi posti al mondo si può soffrire di solitudine come in questo pezzo di Italia-Europa. «E' andata così - dice Liguori - la gente vede quello che succede, ma non vuole impicciarsi. Non capisce che per colpa dei veleni moriranno anche i nostri figli». La flebile luce del tramonto filtra nella camera dell'agonia. Le persiane sono ricoperte di una patina nera collosa. I limoni in giardino non danno più frutti. Alle cinque del pomeriggio, gli occhi del «vigile zelante» si chiudono per la fatica. «Tornassi indietro, non lo so. Non lo so se lo rifarei».
Fonte:
La Stampa
Il telegramma | 95,7 kB | |
Il comunicato stampa | 54 kB |
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