Data di pubblicazione:
18 agosto 2004
"Mia madre uscì a fare la spesa, da 36 giorni non so nulla"
Fonte:
Corriere della Sera
Regione:
Lombardia
«La nostra speranza è che torni. Se è in condizione di farlo, deve tornare. Se qualcuno ha notizie, le dia. A noi, o alle forze dell’ordine». È l’appello angosciato di Mariacristina Di Stefano, 28 anni. La mamma, Dora (Dolores) Lombardi, è scomparsa da Bresso il 13 luglio scorso. Trentasei giorni fa. Uno stillicidio. Sempre ad aspettare che il cellulare squilli, portando la buona notizia. Poi, in televisione a «Chi l’ha visto». Solidarietà, tanta. Segnalazioni in continuazione. Da Bresso, Milano, Roma, Torino, Cesena, Brescia. L’ultima, due settimane fa, da un campeggio in Francia. Trentasei giorni, in trincea contro la disperazione, a chiedersi come sia possibile che una persona svanisca nel nulla. Una persona come Dora: moglie e mamma, con la passione per gli animaletti di cristallo Swarovski e la mania delle pulizie. Era un martedì, quando è scomparsa. Moglie del comandante della polizia locale di Bresso, Giovanni Di Stefano: lo aveva salutato con il sorriso sulle labbra, quella mattina.
«Sei indaffarato, lasciami pure qui», gli aveva detto, una frecciatina rivolta all’ennesima telefonata sul cellulare di servizio. Semaforo rosso, all’incrocio tra le vie Vittorio Veneto e XXV Aprile, in pieno centro città. Le 11 e 25 di un giorno qualunque. Dora scende dall’auto. Destinazione Esselunga. Ma al supermercato non entrerà mai. Da allora, della casalinga di 59 anni, vissuta fino ai venti negli Stati Uniti, a Philadelphia, si è persa ogni traccia. O meglio, l’unica attendibile l’hanno fiutata due cani addestrati della Protezione civile di Varese. Il 29 luglio, due settimane dopo la scomparsa, una negoziante chiama sul cellulare Mariacristina, la figlia maggiore. Dice di aver visto Dora davanti alla vetrina del suo negozio, in via Monte di Pietà a Milano, dietro piazza della Scala. «Si è allontanata in direzione di via Giardini», aggiunge. Il giorno dopo, i Di Stefano e i volontari organizzano una «battuta». Per dieci minuti, i cani fiutano la scia della donna. Ma Dora Lombardi si è volatilizzata. In mezzo a una selva di palazzi. Sotto gli occhi di centinaia di persone. Che l’hanno vista, magari. Anzi, certamente. Ma non l’hanno messa a fuoco, nel momento in cui è diventata «invisibile». Per ora, il fascicolo aperto dal pm Grazia Pradella parla solo di una donna scomparsa. A più di un mese di distanza, tuttavia, gli inquirenti hanno allargato il campo delle indagini e non escludono neppure la peggiore. Quella di una fine tragica: un suicidio. O addirittura un omicidio. Parole grosse, per Mariacristina. «Le ipotesi possono essere mille e nessuna - dice -. Già pensare che abbia premeditato di andare via, studiando ogni particolare a tavolino, per me vale quanto se fosse stata rapita dagli alieni. E poi, per quale motivo?». Nessuna ombra, nella vita di Dora, assicurano i famigliari. «Quest’anno festeggiamo i 35 anni di matrimonio - racconta Giovanni Di Stefano -. Ci siamo conosciuti nel ’67 e ci siamo sposati due anni dopo. Siamo dello stesso paese, Acquafondata, vicino a Cassino. Nel ’56 lei si era trasferita a Philadelphia con madre, padre, un fratello e due sorelle che vivono ancora lì». Nel ’69, il trasferimento a Bresso, nell’appartamento al terzo piano di via Roma 97. Di Stefano lavora prima alla Philips di Desio, poi vince il concorso ed entra nei vigili urbani. Tutta casa e famiglia, Dora. «Una mamma chioccia» dice Mariacristina, sposata da due anni. Soprattutto nei confronti del fratello Pietro, 22 anni, studente universitario. Hobby? «Fa un po’ ridere - spiega la figlia -, ma l’unico era fare le faccende di casa. Una vera maniaca della pulizia e dell’ordine. Teoricamente le piaceva ballare. Due anni fa aveva seguito un corso di ballo latinoamericano con una cugina di Monza. Ma era troppo lontano per lei, che neppure sapeva guidare e aveva lasciato perdere». Aveva paura dell’auto. Una paura cresciuta dopo l’incidente subito nel settembre del 2003, quando era stata investita da un pirata della strada.
LE INDAGINI
Agenti e volontari
Da 36 giorni le ricerche di Dora Lombardi proseguono senza sosta. Dal primo allarme lanciato dal marito alle 16 di quel 13 luglio. Nell’indagine sono coinvolti i carabinieri e le forze dell’ordine. Insieme agli agenti, anche i volontari della Croce Rossa con le unità cinofile e le pattuglie della Protezione civile. Fondamentale per estendere la ricerca su scala nazionale anche la puntata di «Chi l’ha visto?» del 19 luglio scorso. Ma la famiglia Di Stefano non è rimasta a guardare. Parenti, amici e conoscenti sono stati coinvolti in una campagna incessante. Migliaia di manifesti con la foto di Dora sono stati appesi sui muri di Milano e dell’Hinterland. E i volantini sono stati distribuiti anche agli ospedali. Importanti anche il passaparola e le segnalazioni su Internet che consentono ai familiari di restare in costante aggiornamento sulla situazione delle segnalazioni.
«Sei indaffarato, lasciami pure qui», gli aveva detto, una frecciatina rivolta all’ennesima telefonata sul cellulare di servizio. Semaforo rosso, all’incrocio tra le vie Vittorio Veneto e XXV Aprile, in pieno centro città. Le 11 e 25 di un giorno qualunque. Dora scende dall’auto. Destinazione Esselunga. Ma al supermercato non entrerà mai. Da allora, della casalinga di 59 anni, vissuta fino ai venti negli Stati Uniti, a Philadelphia, si è persa ogni traccia. O meglio, l’unica attendibile l’hanno fiutata due cani addestrati della Protezione civile di Varese. Il 29 luglio, due settimane dopo la scomparsa, una negoziante chiama sul cellulare Mariacristina, la figlia maggiore. Dice di aver visto Dora davanti alla vetrina del suo negozio, in via Monte di Pietà a Milano, dietro piazza della Scala. «Si è allontanata in direzione di via Giardini», aggiunge. Il giorno dopo, i Di Stefano e i volontari organizzano una «battuta». Per dieci minuti, i cani fiutano la scia della donna. Ma Dora Lombardi si è volatilizzata. In mezzo a una selva di palazzi. Sotto gli occhi di centinaia di persone. Che l’hanno vista, magari. Anzi, certamente. Ma non l’hanno messa a fuoco, nel momento in cui è diventata «invisibile». Per ora, il fascicolo aperto dal pm Grazia Pradella parla solo di una donna scomparsa. A più di un mese di distanza, tuttavia, gli inquirenti hanno allargato il campo delle indagini e non escludono neppure la peggiore. Quella di una fine tragica: un suicidio. O addirittura un omicidio. Parole grosse, per Mariacristina. «Le ipotesi possono essere mille e nessuna - dice -. Già pensare che abbia premeditato di andare via, studiando ogni particolare a tavolino, per me vale quanto se fosse stata rapita dagli alieni. E poi, per quale motivo?». Nessuna ombra, nella vita di Dora, assicurano i famigliari. «Quest’anno festeggiamo i 35 anni di matrimonio - racconta Giovanni Di Stefano -. Ci siamo conosciuti nel ’67 e ci siamo sposati due anni dopo. Siamo dello stesso paese, Acquafondata, vicino a Cassino. Nel ’56 lei si era trasferita a Philadelphia con madre, padre, un fratello e due sorelle che vivono ancora lì». Nel ’69, il trasferimento a Bresso, nell’appartamento al terzo piano di via Roma 97. Di Stefano lavora prima alla Philips di Desio, poi vince il concorso ed entra nei vigili urbani. Tutta casa e famiglia, Dora. «Una mamma chioccia» dice Mariacristina, sposata da due anni. Soprattutto nei confronti del fratello Pietro, 22 anni, studente universitario. Hobby? «Fa un po’ ridere - spiega la figlia -, ma l’unico era fare le faccende di casa. Una vera maniaca della pulizia e dell’ordine. Teoricamente le piaceva ballare. Due anni fa aveva seguito un corso di ballo latinoamericano con una cugina di Monza. Ma era troppo lontano per lei, che neppure sapeva guidare e aveva lasciato perdere». Aveva paura dell’auto. Una paura cresciuta dopo l’incidente subito nel settembre del 2003, quando era stata investita da un pirata della strada.
LE INDAGINI
Agenti e volontari
Da 36 giorni le ricerche di Dora Lombardi proseguono senza sosta. Dal primo allarme lanciato dal marito alle 16 di quel 13 luglio. Nell’indagine sono coinvolti i carabinieri e le forze dell’ordine. Insieme agli agenti, anche i volontari della Croce Rossa con le unità cinofile e le pattuglie della Protezione civile. Fondamentale per estendere la ricerca su scala nazionale anche la puntata di «Chi l’ha visto?» del 19 luglio scorso. Ma la famiglia Di Stefano non è rimasta a guardare. Parenti, amici e conoscenti sono stati coinvolti in una campagna incessante. Migliaia di manifesti con la foto di Dora sono stati appesi sui muri di Milano e dell’Hinterland. E i volantini sono stati distribuiti anche agli ospedali. Importanti anche il passaparola e le segnalazioni su Internet che consentono ai familiari di restare in costante aggiornamento sulla situazione delle segnalazioni.
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