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Data di pubblicazione: 11 giugno 2021

Tombe svuotate al cimitero

Calabria7
Calabria

Una normale attività di controllo e una scoperta inquietante. E’ nata quasi per caso l’indagine che ha permesso alla Polizia locale di individuare un presunto caso di estumulazioni illegali all’interno del cimitero comunale di Vibo Valentia. Il macabro rinvenimento è avvenuto nel corso di un sopralluogo in alcuni loculi che secondo quanto riferito dai competenti uffici di palazzo “Luigi Razza” dovevano essere vuoti. Gli agenti, guidati dal comandante Michele Bruzzese e dal suo vice Pasqualino De Caria, hanno però approfondito i controlli e l’attenzione degli investigatori della Municipale è ricaduta su un vano adibito a ossario con circa 250 celle. I poliziotti le hanno aperte e in una di questa è stata trovata una cassetta metallica con all’interno resti umani in avanzato stato di decomposizione. Nessun nominativo e alcun riferimento. Fuori e neanche dentro. Le indagini sono state quindi estese a un altro vano ubicato nel seminterrato al quale si accede attraverso una scala. All’interno di due stanze, presumibilmente destinate a camere mortuarie, la Polizia Municipale ha fatto altre inquietanti scoperte: resti umani abbandonati da tempo, vestiti e altri oggetti appartenenti a chissà quali defunti gettati per terra come fossero rifiuti. E poi, una bara zincata con dentro una spina dorsale di un uomo o di una donna. Quanto scoperto farebbe pensare a un’attività di esumazione che non è stata eseguita correttamente. L’ipotesi investigativa seguita dagli inquirenti è quella delle estumulazioni illegali. La Polizia Municipale ha informato la Procura della Repubblica di Vibo che ha autorizzato il sequestro dei vani interessati e aperto un fascicolo contro ignoti. Le indagini proseguono e gli agenti hanno già allargato l’attività di controllo agli altri cimiteri sparsi nelle varie frazioni di Vibo. Una serie di accertamenti che hanno l’obiettivo di fare piena luce sull’inquietante vicenda e di individuare eventuali responsabilità anche per omessa vigilanza da parte dei dipendenti comunali.

Il business delle “cappelle d’oro”

Non è la prima volta che il cimitero di Vibo finisce al centro della cronaca giudiziaria. L’episodio più eclatante è avvenuto nel 2019 con la scomparsa di sette bare tumulare in una cappella gentilizia appartenente a una famiglia vibonese. Ad accorgersi dell’accaduto, era stato un amico di famiglia che aveva notato come la scritta con i cognomi fosse stata rimossa e che il cancelletto della struttura fosse coperto da un telo che celava tra l’altro un lucchetto nuovo. All’interno della stessa furono rinvenute tracce di lavori e in una busta una parte dei resti delle persone tumulate.
Secondo quanto raccontato dal pentito Andrea Mantella nel maxi processo “Rinascita Scott”, i clan avrebbero gestito il macabro business delle “cappelle d’oro” all’interno del principale cimitero comunale. “Ho chiesto a Rosario Pugliese e a Orazio Lo Bianco che dovevano trovarmi una cappella cimiteriale. In tempo reale – ha sostenuto proprio qualche settimana fa Mantella rispondendo alle domande dei pm antimafia nell’aula bunker di Lamezia Terme – hanno tolto i resti di alcuni defunti e li hanno gettati in una fossa comune con l’aiuto del guardiano del cimitero, tale Francolino. Hanno sistemato questa cappella, rifatto il tetto, cambiato la tabella esterna dove hanno scritto ‘famiglia Mantella’ e variato il nome anche sul registro dell’ufficio cimiteriale”. Un servizio per il quale l’ex boss scissionista dall’alto della sua autorevolezza non ha pagato. Il business delle cappelle avrebbe fruttato a Rosario Pugliese e ai suoi “soci” tra i 50 e i 60 mila euro a cappella. “Il sistema – racconta Mantella – era il seguente: loro di solito vendevano le cappelle delle famiglie per le quali non ci sono più i familiari. Dopo aver tolto i resti dei cadaveri e aver restaurato le cappelle le stesse venivano vendute al prezzo di 50 o 60 mila euro”.

 

Fonte: Calabria7

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