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Data di pubblicazione: 08 aprile 2005

Vicenza. Vigili, la divisa resta in naftalina

PoliziaMunicipale.it
Non sarebbe “simpatico” se i vigili urbani di tutto il Veneto avessero le stesse divise, identiche mostrine e medaglie, gradi uguali? Indubbiamente sì. E infatti, come già avevano fatto a Milano o Bologna, anche Venezia c’aveva pensato e aveva deliberato. Tanto che la trasformazione delle polizie municipali e anche provinciali in una specie di corpo regionale unico avrebbe dovuto essere operante dallo scorso 14 marzo.
Ma la delibera di giunta numero 2869 del 6 agosto 2004, pubblicata sul Bur del 14 settembre, ha scatenato un putiferio. Cioè la triplice sindacale ha chiesto al presidente della repubblica Ciampi di intervenire e di sospendere tutto per scarsa trasparenza e mancata informazione, mentre alcune ditte che confezionano uniformi hanno inoltrato esposti alle procure, perché ritengono che la Regione abbia descritto in modo tanto minuzioso il nuovo abbigliamento da far insorgere il sospetto che dietro l’elencazione quasi maniacale di bottoni, fodere, calzini o scarpe ci sia la volontà di escludere dalle gare d’appalto una serie di ditte che non possono adeguare dall’oggi al domani la loro produzione e di far vincere quelle degli amici degli amici. Ed ha provocato una levata di scudi, così com’è stata concepita, anche l’uniformità dei gradi, perché creerebbe situazioni paradossali: ad esempo ci si potrebbe ritrovare con un tenente comandante dei vigili in un paesino in cui la più alta autorità militare è il maresciallo dei carabinieri.
Ma la Regione ha cercato di correre ai ripari nominando un paio di consulenti, ai quali è stato demandato il compito di “rivisitare” il provvedimento e di indicarne le parti che devono essere modificate o cambiate: quando si è trattato di scegliere quello che deve rimettere mano alla parte che riguarda i gradi e l’equipaggiamento, a Venezia si sono “ricordati” del dott. Enrico Rossi, vicentino doc, che a metà anni Sessanta era vicecomandante dei vigili urbani berici, che negli anni Ottanta era comandante e che, prima di andare in pensione, era stato chiamato a Bologna a dirigerne la polizia municipale, inoltre con varie consulenze alle spalle (anche per il Ministero degli interni) e collaboratore di riviste di diritto amministrativo. L’incarico gli è stato affidato con delibera della Giunta regionale e ora deve “pronunciarsi” entro l’inizio della prossima estate.
Però su una buona metà del provvedimento non spiaccica parola. Nella prima parte delle 150 pagine, con le quali la Regione ha inteso rivoluzionare-uniformare il modo di proporsi della polizia locale veneta, si parla soprattutto di uniformi, bandiere o confaloni, cioè la materia del contendere sulla quale dovrà dire la sua un suo collega. Che è anche quella che ha creato più lamentele, dissenso e proteste, perché, dal momento che tra vigili urbani e polizia provinciale bisogna “rivestire” 3.500 persone, il mercato delle divise (2.000 mila euro a testa) vale complessivamente 7 milioni.
Una torta enorme per le ditte fornitrici, delle quali molti titolari sono trasecolati quando hanno scoperto che in delibera, per ogni voce merceologica, c’erano particolari che sembravano indicati apposta per creare capitolati d’appalto ad personam e per escludere altri. Infatti si sono chiesti: che senso ha pretendere che l’interno delle scarpe sia fatto in certo modo, se non per “aiutare” il fornitore amico che c’ha già pensato per tempo? O perché si pretende che le camicie siano in popeline, che è un tessuto che non va più, ma che è usato ancora da una sola ditta confezionatrice?
Comunque Enrico Rossi, per correttezza non commenta: «Per tutto questo c’è un altro esperto». Dà solo una buona notizia per Vicenza: «Per le uniformi dei nostri vigili urbani non dovrebbe cambiare granché: dal vice commissario in su dovranno essere messi solo gli alamari ai bordi delle giacche e dovranno essere uniformati i gradi, ma non saranno grossi problemi. Rispetto ai cambiamenti che dovranno fare in altri comuni, soprattutto piccoli e medi, le nostre sono inezie. L’unica novità radicale riguarda la divisa della polizia provinciale che non sarà più grigioverde ma color ottanio. Anche per l’armamento non ci saranno novità eclatanti: la polizia municipale potrà essere dotata, come prima, di spray anti-aggressione, poi di maschere antigas, scudi di protezione e di giubbotti antiproiettile».
Invece è un po’ più loquace sull’ uniformita dei gradi, per la quale l’ha chiamato l’assessore ai flussi migratori e alla sicurezza Raffaele Zanon. Precisa Rossi: «È un bel problema, perché non sono inerenti la qualifica retributiva, ma riguardano l’immagine della polizia locale su tutto il territorio veneto. In sostanza non viene toccata l’organizazione gerarchica, ma semplicemente si vuole dare una rappresentazione visiva uniforme in tutta la regione».
In pratica l’autonomia non viene toccata, ma viene messo un po’ d’ordine. Un esempio: ora succede che in un paesotto il responsabile di un servizio, che è dotato di non più di sei uomini e che quindi dovrebbe essere ispettore capo, si ritenga un ufficiale e si collochi come vice-commissario. Dice Rossi: «Così ne va di mezzo la stessa credibilità».
Il cuore del problema è proprio questo e ne spiega il perché: «Il contratto prevede due fasce di collocamento: la C per agenti con titolo minimo il diploma e la D per i responsabili di servizio e di mandamento, ufficiali e con laurea, più i dirigenti dei comandi provinciali e regionali: sistemare in due fasce soltanto le varie tipologie di gradi, per le quali la delibera regionale ha previsto ben sedici distinzioni, è più difficile della quadratura del cerchio. E anche i sindacati non hanno tutti i torti quando dicono che chi ha un grado in più deve avere anche una busta paga un po’ più pesante».
Ma anche su questo fronte rassicura Vicenza: «Essendo un comando grosso non avrà grandi problemi: invece se ne vedranno delle belle nei piccoli e medi». (Il Giornale di Vicenza)
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