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Data di pubblicazione: 09 gennaio 2005

Vigili, i consigli del comandante Andreotti

PoliziaMunicipale.it
Quando fu chiamato a comandare la Polizia municipale, suo fratello era
zio Giulio , l’allora presidente del Consiglio. Il sindaco si chiamava Clelio Darida (dc), le circoscrizioni erano un’espressione geografica, la Regione Lazio non esisteva ancora. Erano gli ultimi anni della Roma democristiana, quelli che precedettero la prima «giunta rossa» guidata dal professor Giulio Carlo Argan, eletto come indipendente nel Pcie sostenuto da Psdi, Psi, con l’appoggio esterno del Pri. Il traffico era già diventato il nuovo assillo dei romani. I politici anche allora giravano con la sirena pronta all’uso e la scorta anti-terrorismo. Un chilo di pane costava 271 lire al kg, un paio di scarpe circa 10 mila.
Si narra che un giorno Paolo VI si complimentò per come in quella Roma, già blindata, era stata organizzata una cerimonia in Vaticano. I complimenti erano rivolti a lui, al comandante Andreotti. Che agli amici confidò: «Si vede proprio che Sua santità vive al di là del Tevere, perché nonostante i miei sforzi il traffico romano è ancora un casino».
Un’altra volta un automobilista lo minacciò: «Badi a quello che fa, perché se voglio posso arrivare anche ad Andreotti». E lui di rimando: «Gli porti i miei saluti...».
Schietto era. Schietto è rimasto. Tanto più ora, che il comandante ha 91 anni e non indossa più la sua divisa piena di stellette. Vive a due passi da Campo de’Fiori. Scrive commenti al Codice della strada, continua ad occuparsi delle cose che hanno riempito la sua vita. Si tiene informato grazie agli occhi della «fedelissima compagna» che lo chiama
cheri e tutte le mattine gli fa la rassegna stampa partendo dalla
Cronaca .

Comandante Francesco Andreotti ai suoi tempi un vigile “a mezzo servizio” come sarebbe stato considerato?
«Il doppio lavoro era vietato per gli impiegati, figuriamoci per i vigili...del resto mi dica lei com’è possibile: un agente non fa in tempo ad arrivare all’incrocio che già deve tornare indietro perché ha finito il turno. È assurdo! Almeno si faccia in modo che la decisione di approvare o no il part-time sia a discrezione dell’amministrazione».

E come la mettiamo con la vigilessa che sei mesi l’anno fa la velina in tv?
«Beh...in questo caso...se è davvero carina i primi a dolersene sarebbero proprio gli automobilisti. Anche perché una multa da una bella ragazza potrebbe anche essere piacevole... Scherzi a parte, quando il comandante ero io le donne non c’erano. Anzi a dire il vero ce ne furono due, vinsero il concorso ma una sola accettò. Il principale problema per noi uomini fu che nella sede di via della Consolazione c’erano solo servizi in comune. Le consegnai le chiavi: “Tenga - dissi - sono quelle del mio bagno personale”».

Oggi i vigili si sentono demotivati. Dicono: il nostro stipendio è una miseria e siamo costretti a chiedere il part-time.
«Guardi, io sono un comandante in pensione. E lo sa quanto guadagno? 1700 euro al mese, quante ne prende il mio ex autista che ha lasciato il servizio 20 anni dopo di me. Dunque, i vigili mi diano retta: siano orgogliosi della divisa che indossano».

Che cosa pensa degli ausiliari del traffico, secondo lei sono utili?
«Mi creda, proprio non capisco. Ma come: ci lamentiamo perché ci sono pochi vigili urbani però prima assumiamo chi controlla la sosta e poi chi controlla le corsie preferenziali. Chi altro ancora assumeremo domani? Ma dico: non sarebbe stato più semplice assumere più vigili? E c’è un’altra cosa che non capisco: ho letto che il comandante Zanetti, che conosco e apprezzo, ha deciso di creare un gruppo per la sicurezza. Si occuperà di decoro, di nomadi, giardini e via dicendo. Ma dico:che fine farà chi già si occupava di queste cose? Ma come? non si era parlato del vigile di quartiere, di uno che si occupa proprio di tutte queste cose messe insieme, come nei piccoli comuni in cui il vigile è anche “l’amico poliziotto”?. Mi ricordo che già se ne parlava nel 1951, proprio io fui mandato a Londra e scrissi una relazione. Che fine ha fatto quel progetto?».

Lei restò al comando del Corpo dal ’72 al ’78, i vigili in servizio all’epoca erano...
«...poco più di 3500. E mi bastavano. Eppure il territorio del Comune all’epoca era anche più grande, Roma si estendeva dove ora ci sono i comuni vicini».

Come faceva, aveva la bacchetta magica?
«No, è che il decentramento di allora era diverso. C’erano le delegazioni ma in ognuna bastava un funzionario responsabile. Ora ci sono i Municipi. Ecco: quando sento parlare di “comandanti dei Municipi” continuo a non capire. Ma quanti benedetti comandanti ci sono?».

Lei era unico, anche perché aveva un fratello molto ingombrante, lo ammetta.
«Se allude al fatto che Giulio può avermi favorito si sbaglia: sono entrato per concorso molti anni prima che mio fratello diventasse quello che è diventato. Entrai col grado di capitano e ho fatto tutta la gavetta fino alla pensione. Ora ci vediamo tutte le domeniche, prima non era così. È lui che viene a trovarmi, sono più grande, ho 6 anni di più. Mia madre fu tassativa: «In famiglia uno che fa politica è pure troppo».

Che faceva quando incontrava suo fratello, il presidente del Consiglio, si metteva sull’attenti?
«Lo rispettavo. Conservo una foto in cui ci sono io in divisa che gli vado incontro e gli cedo la destra. In lui vedevo l’Autorità, anche se in fondo il maggiore sono io». (
Il Messaggero)
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