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Data di pubblicazione: 30 ottobre 2004

Picchiare un "Vigile" non è reato

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Al Sig. Presidente del Consiglio dei Ministri on.Silvio BERLUSCONI

Al Sig. Vice Presidente del Consiglio on. Gianfranco FINI

Al Sig. Ministro della Giustizia on. Roberto CASTELLI

Al Sig. Ministro dell’Interno on. Giuseppe PISANU


LETTERA APERTA
PICCHIARE UN VIGILE NON È REATO?

Picchiare un vigile urbano non è reato? Con un titolo che richiama sinistri slogan del tempo andato, il quotidiano romano “Il Tempo” del 22 ottobre 2004, ha riportato la notizia dell’assoluzione di un giovane che, addì 27 febbraio 2000, aveva aggredito un Vigile Urbano nei pressi di Villa Borghese. Secondo quanto riferito dall’articolista, il suddetto giovane, fermato da tre operatori di Polizia Municipale all’atto di transitare abusivamente, a bordo di una moto, nella zona inibita al traffico privato, dopo un breve inseguimento avrebbe inveito pesantemente verso i pubblici ufficiali arrivando, poi, a colpire uno di essi con schiaffi, spintoni e quant’altro, unitamente al proferire numerosi epiteti ingiuriosi, ovvero minacce più o meno variopinte.
Per amor di cronaca, l’articolo specificava che il “centauro” circolasse totalmente sprovvisto di documenti tanto da rendere persino difficoltosa l’identificazione personale.
Orbene, malgrado la sussistenza di elementi di responsabilità penale evidentissimi nel caso di specie, il Tribunale di Roma in composizione monocratica (Giudice Alfredo Ruocco) avrebbe prosciolto l’imputato da ogni accusa, per di più con formula piena “perché il fatto non costituisce reato” che, com’è noto, rappresenta il “top” della motivazione assolutoria giacché incide sull’essenza stessa (e, quindi, sui significati) della norma in relazione alla sua sfera di applicabilità. Il tutto, con un semplice, quanto incredibile, sillogismo: il giovane non aveva, in realtà, impedito od ostacolato gli atti dei pubblici ufficiali - glissando sul tentativo di fuga! - quali controlli, elevazione di contravvenzioni, eccetera, per cui non poteva darsi luogo alla contestazione del reato di resistenza.
Quanto, poi, alle invettive, esse rientravano nella figura dell’oltraggio, già da anni depenalizzata e sostituita dal reato di ingiuria aggravata che, però, va perseguito solo su querela dell’interessato.
Non solo, spingendosi ben oltre il mero dato normativo, la sentenza del Tribunale ascriveva la condotta offensiva del giovane ad un semplice “sfogo di sentimenti ostili e di risentimento nei confronti dei Vigili” affermando, così, un vero e proprio principio giuridico destinato (o destinabile) a costituire un precedente giurisprudenziale di portata storica.
Ciò premesso, gli scriventi, che non intendono proporsi come “nostalgici” del delitto di oltraggio e degli abusi che la sua applicazione indiscriminata ha provocato in passato -denunciano alle SS.LL. l’estrema gravità di codesta decisione e delle questioni che essa solleva a danno di tutti gli appartenenti alla Categoria della Polizia Municipale e Provinciale.
Intanto, e con riguardo al fatto specifico, va osservato che, pur ammettendo l’insussistenza dell’oltraggio e della resistenza a p.u., il passaggio alle vie di fatto del giovane (“schiaffi e spintoni”), nonché il proferimento di vere minacce e non di soli insulti, integravano palesemente il reato previsto dall’art. 336 c.p. (“violenza o minaccia a pubblico ufficiale”), punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni, perseguibile d’ufficio e non depenalizzato!
Sorge allora, naturale, individuare nella sentenza del Tribunale un marcato atteggiamento discriminatorio avverso quegli operatori e la categoria d’appartenenza, poiché non è credibile che, ove al loro posto si fossero trovati agenti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri o della Polizia Penitenziaria e simili, un eguale tipo di aggressione non avrebbe avuto conseguenza alcuna!
Identica considerazione può rivolgersi al nuovo (ed inedito) principio di scusabilità dello “sfogo dei sentimenti ostili”, che non pare avere avuto applicazione nei diverbi con i membri delle Forze dell’Ordine (statali) ed anzi, costituisce ancora presupposto di condanne (talvolta pesanti) per una vasta gamma di delitti che vanno dal vilipendio delle istituzioni all’apologia di reato!
Non solo: mentre il Legislatore ha eliminato dal Codice il delitto di oltraggio a p.u., si è ben guardato dal rivolgere analoga attenzione a fattispecie pressoché identiche, come l’oltraggio “a corpo politico, amministrativo o giudiziario” o come il suddetto “vilipendio” delle istituzioni, delle leggi, degli atti dell’”autorità” (artt. 290,327,342, ecc, ecc. c.p), malgrado si tratti di offese ad entità puramente astratte o simboliche, per cui alla loro integrale tutela corrisponde l’abbandono degli operatori di polizia – ovvero - di certe tipologie di questi alle ingiurie, ai lazzi ed alla denigrazione di chicchessia.
D’altronde, sia consentito agli scriventi denunciare, altresì, alle SS.LL. lo stato di profondo degrado nel quale è stata precipitata l’istituzione della Polizia Municipale, divenuta bersaglio di reiterate aggressioni, questa volta legislative ed amministrative, che, con l’impedire l’adozione di mezzi di autodifesa (strumentali e giuridici!), con il continuo martellamento di pseudo-riforme unicamente rivolte a mutilarne l’operatività o gli stessi suoi significati e con la preordinata volontà di strangolare le autonomie locali in questo settore della vita sociale e della sicurezza collettiva, la espongono ai rischi più gravi e imprevedibili, per cui la vicenda in oggetto appare addirittura fisiologica e consequenziali a siffatte premesse!
L’ultima riprova, con involontaria ironia, si trova proprio nella stessa pagina de “Il Tempo” contenente l’articolo sullo “sfogo consentito”, dove si riferisce di una “vigilessa picchiata da un automobilista”, ovvero di quello che non è altro se non un ennesimo episodio della lunga scia di ferimenti, violenze e lesioni di ogni tipo perpetrati, con cadenza quasi quotidiana, ai danni di vigili (inermi) ridotti al rango dei pupazzi del vecchio gioco (sfogatoio) delle “tre palle un soldo”.
Tutto questo è indegno di un Paese civile (“europeo”!) e di uno Stato di Diritto che continua a dirsi ossequioso dei principi di Eguaglianza di fronte alla Legge (art.3 della Costituzione).
Gli scriventi, quindi, fanno appello alle SS.LL. affinché, nell’ambito delle proprie prerogative istituzionali, vogliano intervenire sia per verificare la correttezza del “modus procedendi” del Tribunale di Roma, nell’occasione su esposta, sia per adottare urgenti misure di prevenzione e protezione degli operatori della Polizia Municipale e Provinciale.
A sostegno di quanto richiesto le OO.SS. in intestazione proclamano, fin da ora, lo stato di agitazione della Categoria allo scopo di fronteggiare una situazione divenuta insostenibile e smaccatamente iniqua.

Roma, 27 ottobre 2004
OSPOL SIAPOL SILPoL
Luigi MARUCCI Ernesto CASSINELLI Rosario PALAZZOLO
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