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Data di pubblicazione: 11 ottobre 2018

Crisi di identità

poliziamunicipale.it

Ad ogni operatore di polizia locale, prima o poi nella vita, capita una situazione come questa. E' in banca, o dall'assicuratore, o in una struttura sanitaria, ed allo sportello è invitato a compilare il solito questionario di profilazione.

Le prime domande filano via lisce, perchè su nome, cognome, data e luogo di nascita, e normalmente anche sulla residenza, grossi dubbi non ce n'è mai. Poi arriva la fatidica domanda:

- Professione?

- Operatore di polizia locale!

Tutto andrebbe bene se il terminalista dovesse scrivere in un campo a testo libero, ma si trova davanti un menù a tendina e comincia a scorrere le voci che sono presenti.

- Metto "Forze di polizia?"

A quel punto al malcapitato viene voglia di rispondere sì e farla finita, ma siccome la professione impone precisione, rigore e rispetto delle norme, quasi automaticamente esce un'altra risposta

- Veramente la normativa attuale non ci considera una forza di polizia. Siamo praticamente impiegati comunali.

L'operatore però è perplesso, non comprende cosa c'entri la polizia locale con l'impiegato, e cerca ancora tra le decine di voci presenti nell'elenco.

- Metto "Personale amministrativo delle forze dell'ordine?"

- Peggio ancora, non siamo nè amministrativi nè forze dell'ordine.

Parte allora una ricerca spasmodica, voce per voce, finchè non si arriva alla fine dell'elenco, rigorosamente in ordine alfabetico, ed appare la scritta salvifica:

- Vigile urbano?

A quel punto il povero operatore di polizia locale apre la bocca, vuol dare voce alla frustrazione e spiegare che è un termine obsoleto e non previsto dalla normativa, che le attività svolte oggigiorno non hanno nulla a che vedere con la figura che viene normalmente associata a quel termine, che c'è una norma quadro nazionale, anche se datata, ci sono le leggi regionali.... Ma poi prevale la voglia di farla finita, ed esce solo un flebile

- Sì, va bene vigile urbano.

 

Viene anche da chiedersi perchè la moderna nomenclatura, in termini di attività lavorative, si è prodigata negli anni per inventare neologismi politicamente corretti per tutti i lavori, che sono ugualmente degni di rispetto e di ammirazione per chi li svolge, spesso a favore della collettività. E' così sono stati coniati i vari "operatore ecologico", "manutentore", "assistente familiare ed alla persona" ecc, ma il vigile... lui no, è rimasto sempre il vigile urbano, a dispetto delle norme e delle funzioni. Forse la causa sono certi atteggiamenti corporativistici delle polizie di stato, o forse la forma mentis di chi, per una radicata ideologia, fa fatica ad associare la parola "polizia" a quella del Comune (salvo poi chiamarla prontamente in caso di furti o reati vari perchè, si sa, quando hai bisogno chiami chi arriva prima e soprattutto chi arriva). 

Ma certe resistenze ad una evoluzione culturale prima che normativa vengono anche dall'interno, perchè sono tanti quelli che hanno iniziato a fare il "vigile urbano" perchè quello era il mestiere che gli piaceva, e di mettersi a fare il poliziotto, magari in età non più giovanissima, non ci pensano nemmeno. Anche perchè, con estremo disincanto, vedono benissimo che non saranno mai tutelati come i poliziotti che dipendono da un Ministero.

La verità è che il cambiamento è un'onda che avanza, e la scelta è tra cavalcarla o venirne travolti. La sicurezza dei cittadini, nei centri abitati, è sempre più affare della polizia locale, perchè lo Stato fa sempre più fatica ad arrivare alle periferie ed i piccoli centri. Chi se ne è già accorto, tra i cittadini, ha un approccio conseguente con gli operatori, gli altri saranno costretti ad accorgersene presto. 

La battaglia vera, da portare avanti, è quella relativa agli strumenti di autotutela,  al trattamento pensionistico, alle tutele legali e sanitarie, all'inquadramento contrattuale. La battaglia sul nome lascia il tempo che trova. E disperde preziose energie.

 

Redazione di poliziamunicipale.it

Mavino Michele

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