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Data di pubblicazione: 28 luglio 2005

Pisanu: "Possibile un attentato in Italia"

PoliziaMunicipale.it
«Pur in assenza di elementi precisi e inconfutabili, circostanze e indizi convergenti ci inducono a considerare possibile un attacco nel nostro Paese». Non usa giri di parole il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu per avvertire l’aula del Senato dell’alto livello di minaccia che incombe sull’Italia. Riferendo in Parlamento sulla questione terrorismo, dopo i tragici fatti di Sharm el Sheikh, all'interno di un intervento al Senato prima del dibattito sul conversione in legge del decreto sulle misure antiterrorismo.
Il responsabile del Viminale ha reso noto l’intenso impegno delle forze di polizia e dell’intelligence nel cercare di sventare la preoccupante eventualità. Le attività di sicurezza si concentreranno - ha affermato il ministro - nella difesa degli obiettivi giudicati “sensibili”, nel controllo degli ambienti dove può prendere consistenza la minaccia terroristica, nel monitoraggio stretto dei cittadini extracomunitari già interessati da inchieste giudiziarie (oltre all’intensificazione delle altre indagini). Pisanu ha parlato anche di un rafforzamento della sorveglianza ai confini con l’Austria e la Slovenia, mentre le autorità francesi, da parte loro, hanno optato per una momentanea interruzione degli accordi di Schengen sulla libera circolazione delle persone in ambito europeo. Non ci saranno quindi, ha detto Pisanu, restrizioni alle libertà dei cittadini, ma sarà trovato un giusto mix tra sicurezza e libertà, considerando che «la libertà dalla paura è la più grande conquista di tutte le democrazie liberali». «Per la prevenzione del terrorismo - ha detto Pisanu - il controllo del territorio è una attività di importanza fondamentale. Si è deciso perciò - ha spiegato - di incrementare rapidamente il numero degli operatori destinati a questo servizio, recuperando personale con una oculata revisione delle scorte che è attualmente in corso». «Completano il panorama - ha aggiunto il ministro - alcuni importanti interventi sulla sicurezza del trasporto urbano e delle grandi infrastrutture portuali e ferroviarie, che risultano piuttosto vulnerabili anche da azioni terroristiche di media portata». Il ministro respinge con forza la tesi dello scontro di civiltà, appoggiando il dialogo tra le religioni e le culture dell’Occidente e dell’Islam, senza però nascondere la concreta dimensione internazionale del pericolo terroristico. «Le società europee – ha proseguito il ministro - se sono veramente società aperte, se veramente vogliono mantenere inalterato questo inconfondibile tratto della loro identità, devono sapere distinguere con nettezza: da un lato accogliendo chi viene da noi per vivere e lavorare in pace e nel rispetto della legge; dall'altro opponendosi con inflessibilità e durezza, con tutta la durezza consentita da quelle stesse leggi, a chi viene per seminare odio, terrore e morte». L’immigrazione extracomunitaria in Europa, secondo Pisanu, va governata e non subita. «Il nostro obiettivo, in Italia - ha sottolineato il ministro - è quello di favorire l'integrazione possibile della comunità islamica senza pretenderne l'assimilazione. Si fa anche così la prevenzione a medio termine dell'estremismo più cruento di seconda e terza generazione».
Berlusconi al consiglio nazionale di FI. Anche il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi sostiene che è concreto il rischio di un attentato di matrice islamica in Italia, ma nell’eventualità tutti gli apparati di sicurezza e di intelligence sono vigili e in allerta. Il premier, intervenuto al consiglio nazionale di Forza Italia, ha mostrato di condividere l'analisi del ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, che sottolinea l'importanza del dialogo con i settori islamici moderati e respinge seccamente l'approccio dello scontro di civiltà. Secondo Berlusconi, dietro la violenza dei terroristi si nasconde un disegno di sabotaggio verso i Paesi arabi moderati, quelli che desiderano una sempre maggiore collaborazione con l'Occidente e cercano di avvicinarsi alla democrazia con la forza del dialogo. Un eventuale attacco contro l'Italia, sostiene Berlusconi, non sarebbe quindi da collegarsi con la presenza delle truppe in Irak. «Dove operano i nostri militari - ha detto il premier - c'è la pace, gli ospedali e le scuole funzionano, la gente ci vuole bene». «I nostri soldati in Irak sono contenti di essere lì», ha aggiunto Berlusconi, sottolineando come la missione italiana nel Golfo costi allo Stato quanto la presenza dei militari in Kosovo e in Bosnia. È anche sulla base del coinvolgimento italiano nelle missioni internazionali che Berlusconi rilancia il ruolo del Paese a livello di Nazioni Unite, con la promessa che se il Consiglio di Sicurezza verrà ampliato, «l'Italia non ne resterà fuori». (
Il Sole 24Ore)
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