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Data di pubblicazione: 30 ottobre 2014

FBI nella bufera per una storia falsa

USA
Se la polizia si mette a pubblicare notizie false a nome dei giornali veri non va bene, e non solo perché danneggia il buon nome del giornale o dell'agenzia, in questo caso il gigante del settore Associated Press. Così quando è venuto alla luce che il Federal Bureau of Investigations ha fatto una cosa del genere per scoprire un semplice mitomane, negli Stati Uniti è stata subito bagarre.


UN CASO NASCOSTO - La scoperta è merito di
Christopher Soghoian, chief technologist dell'American Civil Liberties Union (ACLU) che spulciando
documenti ottenuti nel 2011 dall'Electronic Frontier Foundation (EFF) ha scoperto che l'agenzia federale ha pubblicato un falso articolo attribuito ad Associated Press allo scopo di catturare un mitomane. Nemmeno un pericoloso criminale, ma un semplice mitomane che telefonava annunciando la presenza di ordigni in aeroporti ed edifici pubblici.

LA REAZIONE DI ASSOCIATED PRESS - «
Siamo estremamente preoccupati e troviamo inaccettabile che FBI abbia abusato del nome dell'Associated Press e pubblicato una storia falsa attribuendola ad AP. Questo modo d'agire ha leso il nome di AP e ha minato la credibilità di AP», ha spiegato il portavoce dell'agenzia. Appena la settimana scorsa la DEA, l'agenzia antidroga, era finita sul banco degli accusati per aver creato un falso profilo Facebook usando abusivamente le foto di un'ignara utente, ma è chiaro che questo caso abbia implicazioni ancora più gravi e profonde, perché è stata oltrepassata una linea che dovrebbe essere invalicabile.

LA TRAPPOLA PER IL GIOVANE MITOMANE - Il Federal Bureau of Investigation, nel 2007, ha infatti creato una notizia falsa e l'ha firmata AP, inviando poi il link al sospetto mitomane attraverso un messaggio privato al suo account (anonimo) su MySpace. Il titolo, che parlava di una «
Minaccia-bomba sventata dal dipartimento della polizia locale» serviva ad attirare il sospetto e a fargli aprire la pagina che ospitava del malware, grazie al quale gli agenti hanno potuto tracciare il suo computer. Il sospetto si rivelò un quindicenne e molti si sono chiesti allora cosa sarebbe disposta fare l'agenzia per catturare i sospetti autori di crimini molto più gravi.

COSA C'È DI SBAGLIATO - Secondo Soghoian «
il fine non giustifica i mezzi» perché «Falsificare i media è prendere una china pericolosa. Se le persone non si fidano dell'informazione, allora la nostra democrazia non può funzionare come dovrebbe». L'ufficio FBI di Seattle ha difeso la pratica, dicendo che è usata poco frequentemente e per prevenire tragedie, anche se nel caso non si direbbe. Comunque l'ammissione che si tratti di una pratica che ritiene ammissibile, e alla quale non hanno fatto ricorso una volta sola, c'è tutta e non ha mancato d'inquietare. Tanto più che sembra che, dal punto di vista dell'agenzia, la pratica sia pericolosa solo perché è difficile impersonare le fonti d'informazione alla perfezione e farsi scoprire dai cattivi sarebbe un disastro.

LA DIFFUSIONE DI NOTIZIE FALSE - Per giuristi, giornalisti e difensori dei diritti civili invece i problemi sono di tutt'altra natura, visto che per di più l'operazione è stata portata a termine senza neppure l'autorizzazione o la supervisione di un giudice. Problemi simili a quelli evidenziati dal caso che in Italia ha visto alcuni giornalisti condannati per aver scritto sotto dettatura dei servizi, perché il campo d'azione delle agenzie che si occupano di sicurezza non può arrivare fino a sovrapporsi a quello invece deputato a ospitare l'informazione e il pubblico dibattito, senza infliggereuna grave lesione al funzionamento del sistema democratico.


Fonte: Giornalettismo
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